Come riconoscere una pasta artigianale che fa bene alla salute

Come riconoscere una pasta artigianale che fa bene alla salute

In Italia, solo nel 2021 sono state prodotte 4 milioni di tonnellate annue di pastasciutta arrivate su milioni di tavole sia italiane che estere.

Ma quanta di questa pasta è artigianale? E soprattutto, come facciamo a riconoscere quella che fa bene alla nostra salute?

La materia prima: il grano

Nonno Livio, secondo titolare del pastificio, ci insegna che per fare una pasta buona “non è tanto importante la quantità, quanto la qualità del glutine” contenuto nel chicco di grano.

Perciò è importante selezionare i grani duri, preferibilmente di varietà antiche, coltivati esclusivamente in Italia.

Inoltre, idealmente, favorire la qualità significa scegliere un grano che sia stato coltivato biologicamente. Per fare questo, l’agricoltore segue attentamente e con cura ogni passaggio, applicando tecniche di coltivazione che preservano prima di tutto le caratteristiche naturali del terreno.

Un esempio tra le varie tecniche agricole applicate, è il sovescio ovvero la semina di piante capaci di rigenerare quelle sostanze che servono al terreno per ritornare ad essere fertile.

Se questa cura e attenzione viene rispettata, il chicco di grano mantiene inalterate le sue proprietà, tra cui la proteina oggigiorno tanto discussa: il glutine che, a questo punto, sarà elastico e tenace quanto basta per realizzare una pasta davvero nutriente.

Pertanto, la materia prima biologica che usiamo sono il Capelli, il Timilia (grano siciliano) e il Farro dicocco (uno degli sfarinati più antichi e delicati da pastificare), i quali sono indicati per la produzione di una semola di ottima qualità.

La macinazione lenta: metodo dei mulini di nostra fiducia

Una volta che il grano duro è stato selezionato, è importante lavorarlo con delicatezza per ricavare una semola di estrema qualità.

Infatti, durante la fase di macinazione, che cosa succede?

Il chicco viene esfoliato dalla sua corteccia (crusca) e il materiale che viene a quel punto lavorato, deve essere molito delicatamente, perché contiene una quantità di fibre, vitamine e sali minerali naturali che non devono essere danneggiate.

Per questo, collaboriamo con i mulini che preferiscono lavorare lentamente e in modo costante, senza sollecitare la materia, così da mantenere bassa la temperatura durante la macinazione. Di conseguenza, il grano non viene surriscaldato e la semola ricavata rimane ricca di sostanze che sono benefiche per il nostro organismo.

Purtroppo, se l’obiettivo è realizzare in breve tempo questo processo, il lavoro viene eseguito molto velocemente a discapito dei valori nutrizionali contenuti.

Le basse temperature di essiccazione

Dopo che la semola arriva al pastificio, dobbiamo continuare ad essere i custodi delle sue qualità fino ad ora preservate.

Perciò, durante la fase di impastamento ed essiccazione, è importante mantenere basse le temperature perché è l’unico modo, riconosciuto dagli scienziati, per limitare un possibile danno termico.

Quest’attenzione porta ad avere, a livello estetico, una pasta di colore giallo crema, opposto al giallo arancio della produzione industriale e, a livello nutrizionale, un prodotto contenente la struttura delle proteine inalterata e dunque altamente digeribile.

Nel nostro pastificio, continuiamo ciò che i nostri nonni ci hanno insegnato: pastificare a temperature che non superano i 38°C, favorendo una lenta e delicata lavorazione. Infatti arriviamo ad un tempo di essiccazione che va dai 3 ai 6 giorni (144 ore) prima che la pasta venga impacchettata.

In conclusione, è fondamentale avere estrema cura di ogni passaggio: dalla scelta del grano, alla macinazione; dalla trafilatura, fino all’essiccazione. Mantenere sempre basse le temperature, permette senza fretta di arrivare al prodotto finito e di poter mangiare una pasta sana e altamente digeribile e con una capacità straordinaria di assorbimento dei sughi.