3 curiosità sulla pasta artigianale italiana

3 curiosità sulla pasta artigianale italiana

Ti sei mai chiesto come la pasta sia diventata la regina della tavola? In origine, non era considerata un piatto principale, ma piuttosto un accompagnamento, proprio come il pane, o un ingrediente per dare consistenza al brodo. 

Con il tempo, però, ha conquistato un ruolo centrale nella tradizione gastronomica italiana, dando vita a infinite combinazioni tra formati di pasta e condimenti. Non a caso, nei menù dei ristoranti viene semplicemente chiamata "primo", segno della sua indiscussa centralità in cucina. 

In questo articolo, scopriamo insieme 3 curiosità sulla pasta artigianale italiana.


La Sicilia: pioniera nella produzione della pasta secca

Forse non lo sai, ma la Sicilia, pur non essendo la culla della pasta, ha avuto un ruolo decisivo nella sua storia. Già nel XII secolo, sotto l’influenza araba, l’isola si affermò come un centro nevralgico per la produzione e il commercio della pasta secca, grazie a una filiera completa che univa tradizione e innovazione.

Il grano duro siciliano, rinomato fin dall’epoca romana per la sua qualità superiore, veniva coltivato, macinato nei mulini locali e trasformato in pasta con tecniche raffinate, capaci di garantire un prodotto eccellente, richiesto ben oltre i confini regionali. In un’epoca in cui la pasta era un lusso destinato soprattutto alle città, la Sicilia contribuì a democratizzarla: qui il grano duro era così diffuso che persino i contadini potevano permettersela occasionalmente, a differenza di altre regioni italiane, dove si consumavano prevalentemente cereali più poveri come segale e orzo. 

Fu così che la pasta secca iniziò a diffondersi, trasformandosi da bene esclusivo a parte integrante della cultura alimentare italiana

Campi di grano duro di Castelvetrano Selinunte, 2021

Solo grano duro: la regola della vera pasta secca italiana

Non tutta la pasta è uguale, e questa verità era evidente già secoli fa, proprio come lo è oggi.
Per contrastare l’uso di farine meno pregiate, nel 1371 le autorità di Palermo introdussero un tariffario specifico per i “maccaruni blanki di symula” e le “lasagni di simula”, fissandone il prezzo massimo.

Anche a Napoli si adottarono misure per proteggere la qualità della pasta: un bando del 1565 imponeva l’uso esclusivo di semola pura per la produzione dei “vermicelli”, mentre nel 1604 si vietò definitivamente l’impiego di miscele di farine diverse.

Oggi, questa stessa attenzione alla qualità si riflette nel DPR 187 del 2001, che stabilisce l’obbligo di utilizzare esclusivamente semola di grano duro nella produzione della pasta secca italiana, mantenendo intatta la tradizione e l’eccellenza del prodotto.
Al Pastificio Fabbri, questa filosofia è più viva che mai: Giovanni e Marco Fabbri selezionano con estrema cura il grano, escludendo rigorosamente le forniture che contengono più del 3% di grano tenero, in modo tale da non compromettere la qualità del glutine e dell’amido, elementi fondamentali per una pasta d’eccellenza.


L’essiccazione della pasta: dalla tradizione napoletana all’innovazione di Renato Rovetta


Da sempre, l’essiccazione rappresenta una delle fasi più delicate nella produzione della pasta secca. Nel Sud Italia, grazie al clima favorevole e all’ingegno dei produttori, nacque la cosiddetta “essiccazione naturale napoletana”, che rese il Mezzogiorno un punto di riferimento per questa tecnica.

La pasta doveva asciugarsi lentamente e in modo uniforme, senza sbalzi di temperatura, per preservarne struttura e sapore. In estate, il processo richiedeva circa 8 giorni, mentre in inverno poteva durare fino a 20 giorni.

L’innovazione arrivò agli inizi del XX secolo con Renato Rovetta, ingegnere visionario che rivoluzionò il settore inventando un sistema di essiccazione al chiuso, in grado di mantenere una temperatura costante. Questa tecnologia rappresentò una svolta per i produttori di regioni del nord come Friuli ed Emilia, dove il clima non era favorevole per la fase finale del processo. Grazie all’essiccatore termomeccanico, i tempi di essiccazione si ridussero drasticamente, variando tra 3 e 6 giorni a seconda della tipologia di formato, senza comprometterne la qualità.

Oggi, al Pastificio Fabbri, questa tradizione continua: utilizziamo la cella di essiccazione Garbuio (1956), che si basa sugli stessi principi di ventilazione e controllo costante della temperatura, mantenuta rigorosamente sotto i 38°C. Proprio come avveniva un tempo, la nostra pasta si essicca lentamente in un periodo compreso tra 3 e 6 giorni, a seconda del formato, garantendo un prodotto artigianale di altissima qualità, in perfetta continuità con la grande tradizione italiana.

 Essiccazione presso il Pastificio Fabbri, 1959

 

Fonte: S. Serventi e F. Sabban, La pasta. Storia e cultura di un cibo universale, Laterza, Roma-Bari, 2004, p. 532.